Il problema clinico e ospedaliero di Milano
Gli Istituti
Nel 1937, il Prof. Mario Donati presenta ai soci del Rotary club di Milano una relazione sugli spazi cittadini dedicati alla cura, in collaborazione con l’Ing. Belloni, Presidente degli Istituti Clinici di perfezionamento, un energico ed entusiasta difensore del primato milanese in ogni campo. Insieme a Donati e Belloni, era stato coinvolto anche il Rettore dell’Università, il Prof. Alberto Pepere.
All’apertura del suo intervento, Donati ricorda Luigi Mangiagalli che già nel 1906 aveva sentito l’urgenza di fondare a Milano gli Istituti clinici di perfezionamento così che la città potesse essere all’avanguardia sia nella pratica medica, sia nell’insegnamento universitario della disciplina. Nella visione di Mangiagalli, gli istituti dovevano essere il “primum movens” della futura Università di Milano da lui stesso fondata nel 1924. Nel 1937 la Facoltà medica aveva raggiunto più di 1300 iscritti, con un incremento tra i 220-
230 iscritti l’anno, confermando la fiducia che la cittadinanza nutriva nei riguardi dell’Ateneo.
Nello stesso periodo, Milano doveva affrontare un importante problema legato all’assistenza sanitaria. Lo spostamento dei reparti della Ca’ Granda presso gli edifici in costruzione dell’Ospedale di Niguarda, non rappresentava una soluzione ottimale. La disponibilità dei posti letto non era sufficiente a coprire i bisogni ospedalieri di una città in espansione come Milano. Per risolvere il problema si era deliberata la creazione di un nuovo centro ospedaliero destinato alle cliniche e agli Istituti universitari all’interno della Città degli Studi. Il fine era quello di avere in città tre grandi centri di cura: che oltre a rispondere ad un’esigenza sanitaria davano maggiore importanza all’amministrazione ospedaliera. Oltre ai padiglioni già esistenti all’Ospedale Maggiore, il nuovo Niguarda e un nuovo Policlinico. Donati sottolinea inoltre la grande generosità dei Milanesi, che con i loro lasciti tanto contribuirono alla nascita e allo sviluppo delle istituzioni mediche e ospedaliere.
Bollettino n. 10, 9 marzo 1937
“In questa situazione la Commissione, considerando che necessita stabilire un piano regolatore studiato in conformità ai reali bisogni assistenziali di Milano (…) ha concluso che dovendosi costruire in un tempo più o meno prossimo un nuovo centro ospedaliero, questo centro deve essere finalmente destinato alle Cliniche e Istituti universitari. Ed il Prof. Pepere vi ha già detto come questo Policlinico potrà essere creato alla Città degli Studi, insieme ad altre facoltà riorganizzate. (…) Cosicché potete immaginare nel futuro gli Istituti ospedalieri amministrare tre grandi centri, cioè il nuovo di Niguarda, gli attuali padiglioni, in parte del resto destinati in un futuro più o meno lontano a essere demoliti se si darà esecuzione al piano regolatore di quella zona di Milano ed il nuovo Policlinico. L’amministrazione ospedaliera acquisterà così ancor maggiore importanza e nuovo lustro. Gli Istituti ospedalieri meritavano del resto questo omaggio, poiché lo sappiamo bene noi milanesi (mi metto anch’io fra gli ambrosiani con tutto il cuore). Essi hanno delle benemerenze così cospicue e sono così amati dalla popolazione, che tutto ciò che può contribuire al loro sviluppo non può che essere caro al cuore dei cittadini. Le donazioni e i lasciti che affluiscono ogni anno in così gran copia alla “Ca’ Granda” bene dimostrano come l’Ospedale Maggiore sia un’istituzione principe tra quelle cittadine. Bisogna dunque che anche il Policlinico nuovo entri a far parte di questa famiglia ospedaliera, perché deve entrare anch’esso nel cuore dei milanesi.”
Piero Puricelli e l’Istituto Neurologico Carlo Besta
Oltre all’Istituto dei Tumori si stava affermando un altro istituto di cura molto importante per la città: l’Istituto Neurologico Vittorio Emanuele III. Inizialmente l’Istituto doveva essere ospitato nella villa di proprietà di Ercole Marelli in viale Zara e aveva la seguente denominazione. Besta era legato all’Università di Messina quindi per attuare il suo trasferimento a Milano, era stata istituita una cattedra apposta di Fisiopatologia del sistema nervoso, grazie al contributo economico di Piero Puricelli. Ma il trasferimento non fu immediato e per diverso tempo Besta dovette dividersi tra l’Ateneo di Messina e quello di Milano.
Nel 1933, Besta presenta una relazione approfondita sui progressi della neurochirurgia, in particolare sulle tecniche radiografiche che erano utilizzate dai suoi collaboratori. Qualche anno più tardi, Besta riferiva sulla diffusione dell’encefalopatia, tema al quale si era interessata anche la Regina Elena di Savoia. La Regina, oltre a promuovere le cure, aveva stabilito che i rimedi per le terapie fossero acquistati direttamente e in maniera esclusiva dalla Casa Reale e poi distribuiti tra i centri di cura tra i quali l’Istituto Neurologico Vittorio Emanuele III.
Il centro poteva accogliere circa 80 pazienti, ma il lavoro dei medici non era sufficiente per affrontare il problema, per questo motivo il direttore sollecitava un maggior coinvolgimento degli Enti pubblici e dei cittadini affinché “abbiano la loro parte in quest’opera di bene”. Molte donne facenti parte della Compagnia delle Dame, presieduta da Antonietta Puricelli e molte mogli dei soci del Rotary prestavano la loro opera nell’Istituto. Le signore si occupavano prevalentemente di trovare una collocazione lavorativa per le persone dimesse dall’ospedale, anche all’interno di aziende di rotariani.
Nel 1927 divenne Presidente della Fiera Campionaria e due anni dopo fu designato come Senatore. Alla fine degli anni 20 la sua azienda ha problemi di scarsa liquidità e di cattiva gestione. Mussolini in persona si preoccupò del salvataggio dell’Azienda che aveva assunto ormai un valore politico, dal momento che rappresentava un simbolo delle imprese fasciste. L’azienda viene salvata dalla cessione di attività che ne appesantiscono il bilancio e dall’acquisizione di commesse anche su territorio internazionale. Nel 1940 Vittorio Emanuele Ii nominò conte di Lomnago, lo stesso anno l’azienda cambiò nome e divenne Società Italstrade e suggerì a Mussolini di creare un ente parastatale per la creazione di una rete autostradale che collegasse il nord con il sud al fine d’incentivare lo sviluppo economico del meridione. Nel 1944 fugge in Svizzera perché era sospettato di aver aiutato i partigiani, poi invece fu accusato di collaborazionismo, accusa che cadde qualche tempo dopo. Morì nel 1951 a Milano. Si ricorda Piero Puricelli anche per il grande contributo che ha dato allo sviluppo dell’Università di Milano e dell’Istituto neurologico Besta.
Piero Puricelli
Piero Puricelli nasce a Milano nel 1883, suo padre era un imprenditore del settore stradale. Studia in Svizzera e al suo rientro s’inserisce nell’azienda di famiglia. Nel 1910 sposa Antonietta Tosi, erede del fondatore della Franco Tosi. Quattro anni più tardi fonda la nuova società Puricelli e negli stessi anni è socio influente del Touring Club Italiano. Il TCI era stato fondato nel 1894 e aveva contribuito a promuovere il turismo automobilistico attraverso guide geografiche delle regioni italiane e delle colonie. Nel 1922 Puricelli costruì l’autodromo di Monza che era stato progettato dall’Architetto Alfredo Rosselli e sempre in questo periodo inizia il progetto che vede la costruzione di autostrade a scorrimento veloce con pagamento di pedaggio e riservate ai soli mezzi a motore. Presenta quindi il progetto della Milano-Laghi che venne realizzata tra il 1923 e il 1925 e alla quale seguirono altre opere simili che vennero date in concessione a società private creando di fatto una rete autostradale italiana moderna.
Bollettino sett. n.67, 30 aprile 1935
“All’Istituto Nevrologico il solertissimo Comitato delle Dame, presieduto dalla signora Antonietta Puricelli colla collaborazione di molte Signore di cui alcune mogli dei nostri soci, la Signora Barbagelata ad esempio, la Signora Sacerdoti-Donati, Donna Rosy Fornaciari ed altre di cui non è possibile ricordare i nomi, si occupano dei malati con ogni solerzia e cura, hanno organizzato dei mezzi di lavoro, collaborando con entusiasmo all’iniziativa della nostra Sovrana. In modo particolare mi piace segnalare che esse hanno assunto il compito difficilissimo di trovare un’occupazione per quei dimessi che da lungo tempo erano inabili al lavoro”.
L’Istituto sieroterapico
L’interesse del Rotary per gli istituti di cura di Milano non si limita alle cliniche o agli ospedali ma tocca anche altri istituti come l’Istituto sieroterapico milanese, fondato dall’immunologo Serafino Belfanti nel 1896. L’Istituto era stato un importante centro di produzione su scala industriale del siero antidifterico e negli anni successivi aveva ampliato la propria attività al siero antitetanico, ai vaccini, agli ormoni, agli antibiotici fino agli anni 80 del Novecento. Nel 1955 l’area del Sieroterapico occupava circa 100 mila metri quadrati vicino Porta Ticinese. Nella sua relazione, il Prof. Ernesto Bertarelli, sottolinea l’importanza dell’attività dell’Istituto non solo da un punto di vista scientifico, ma anche da un punto di vista culturale più ampio, dal momento che il sito era aperto ai cittadini di Milano.
Tutti potevano apprendere qualcosa su argomenti che potevano soddisfare diverse curiosità, come per esempio che il veleno dei serpenti può essere allo stesso tempo un antiveleno. E’ da sottolineare come il Sieroterapico avesse lavorato solo per il pubblico e i suoi dipendenti, dal momento che tutti i guadagni erano reinvestiti nell’Istituto stesso.
All. Bollettino n.403 del 22 febbraio 1955
“Arrivò un certo momento in cui poteva dirsi che tutte le ricerche immunologiche si concentravano nel Sieroterapico di Milano. Il pubblico non ha mai sufficientemente rilevato gli scopi schiettamente umanitari, ma in realtà il sieroterapico ha lavorato soltanto per il pubblico e (?) per i suoi dipendenti. Nessun guadagno è mai uscito dall’ambito dell’Istituto, che andò accrescendo la sua sede e aumentando la sua produzione. (…). Noi desideriamo che i cittadini di Milano vadano a visitare qualche volta questo centro, non solo per la curiosità di constatare, ad esempio, che il veleno dei serpenti diventa la fonte del serio salvatore contro le morsicature dei serpenti stessi, non solo per vedere le scimmie e i conigli, ma per rendersi conto di come vasta e complessa sia la preparazione dei materiali terapeutici”.