Nascita e rinascita del Rotary

La scelta giusta

Negli anniversari che seguirono la Fondazione del Club di Milano, viene ricordata spesso la bontà della scelta, operata nel 1923, di eleggere proprio Milano come sede del primo club rotariano in Italia. A distanza di anni, infatti, diversi rotariani illustri elogiano l’operosità e l’efficienza del capoluogo lombardo, capace di incarnare sia lo spirito sia le più genuine aspettative del Rotary. Fin dalle origini, il Club di Milano aveva attirato al suo interno personalità di grande prestigio dal mondo della finanza, dell’industria, e del commercio, come Luigi Mangiagalli, Piero Pirelli e successivamente Ulrico Hoepli, che con entusiasmo, pragmatismo e risorse adeguate erano riusciti ad attivare diverse iniziative importanti per la città.

Proprio James Henderson, in qualità di socio-fondatore e primo Presidente del Club meneghino, a distanza di cinque anni, ripropone il suo personale ricordo dei primi momenti di vita del Club. Henderson ribadisce come il successo della sede di Milano fosse da ricercare nei primi soci che, con fiducia, avevano accolto lo spirito rotariano e creduto sinceramente nel progetto. Tra tutti, Henderson sottolinea il ruolo avuto da Luigi Mangiagalli nel fondare e ampliare l’Università di Milano, e successivamente, nella creazione di un centro unico per la cura del cancro. Il ruolo del club milanese non era stato fondamentale soltanto per lo sviluppo della città, ma anche per la diffusione del Rotary in Italia: in breve tempo seguirono infatti il club di Trieste e di Genova.

Bollettino n. 71, 20 novembre 1928

“Parliamo un po’ del Rotary di Milano, il quale ormai è bene organizzato ed ha avuto la soddisfazione di vedersi considerato. Vediamo infatti che personalità molto cospicue si sono avvicinate al Rotary. Nella lettera del Sen. Mangiagalli mi sembra dunque di leggere che abbiamo il dovere di fare qualche cosa. C’è una commissione che io come Presidente mi permetto di richiamare alla vostra attenzione, per far sì che noi rotariani si sia veramente degli uomini fattivi e non si dica che il Rotary serva soltanto a far colazione il martedì”. (…) Altri potrà parlare di quello che hanno fatto questi uomini.

A me basti dire che quella che fu la vostra idea è stata perseguita da tutti quelli che sono venuti dopo e che nelle varie città d’ Italia si vedono riuniti nel Rotary gli uomini migliori, i competenti in tutte le classifiche; si vedono uomini nella scienza, nell’industria, nei commerci, nella finanza… Così, per esempio, trovandomi a Milano in mezzo a voi, avrei dovuto farvi dei rimproveri, se rimproveri avreste meritato; ma siccome da quello che vedo sono convinto che meritate lode questa lode devo manifestarvi. Devo anche dirvi che le iniziative prese dal vostro Club sono realmente tali da doversi additare ad esempio. Ed infatti quella volta a contribuire alla creazione dell’Istituto per lo studio e la cura del cancro di cui fu anima e realizzatore il compianto Sen. Mangiagalli (morto il 3 luglio 1928), quella per il campo da golf ed altre ancora, hanno avuto buon esito e sono considerate con grande simpatia ovunque”.

Iniziative ne abbiamo prese tante, di cui qualcuna di carattere nazionale, qualche altra di natura strettamente economica e filantropica. Era più che naturale che il club di Milano, di fronte alla campagna di denigrazioni che si svolgeva attivamente dall’estero contro l’Italia, mandasse a tutti i clubs del mondo un messaggio in cui venivano esposte le reali condizioni dell’Italia. (…) Il compianto sen. Mangiagalli poi affidò a me l’incarico di procedere alla raccolta fondi per la creazione dell’Istituto per lo studio e la cura del cancro e credo che si sia raggiunta fra noi la cifra di circa mezzo milione”.

Una falsa partenza

La storia del Rotary in Italia ha inizio nel maggio del 1918, quando Biagio Borriello, un uomo d’affari napoletano, ritorna da una visita al club di Seattle. Durante questo viaggio, Borriello aveva espresso la sua ammirazione per il club dello stato di Washington in una lettera al segretario dell’“International Association of Rotary Clubs”. A seguito di quelle parole, piene di ammirazione e di entusiasmo, T. L. Monson, segretario del club di Seattle, informava il Primo Segretario Generale del Rotary, C. R. Perry, del desiderio di Borriello di estendere il Rotary anche in Italia. Monson persuade il Presidente John Poole a incaricare Borriello di organizzare un comitato a Napoli e di scegliere le persone con le quali lavorare, persone “della miglior specie, di onore e integrità indiscutibili, uomini che con tali virtù siano meritevoli del rispetto e della stima della comunità”. Nel frattempo, altre illustri personalità del Rotary si erano interessate a fondare altri club in altre città italiane. W.H. Weeman, rappresentante della Croce Rossa Americana a Genova, esprime la convinzione di una concreta possibilità di inaugurare una sede a Genova, Milano e Roma, e inoltra il suo suggerimento alla Commissione per la diffusione dei club all’Estero.

Paul Harris
Chelsey R. Perry

 

La Commissione risponde che non si poteva procedere alla Fondazione di nuovi club fuori dai confini americani finché non fosse stabilita una linea di condotta a riguardo, risposta in netto contrasto con l’assegnazione dell’incarico a Borriello. Il Past President Frank L. Mulholland conosce David Costantini, un militare legato alla diplomazia italiana, dal quale rimane molto colpito e ne prende in considerazione il desiderio di costituire un club a Roma. Allo stesso modo Edward B. Frysinger, rappresentante della Croce Rossa Americana in Piemonte, facendo riferimento all’incarico di Borriello, richiede i documenti per la Fondazione di un Club a Torino. Elwyn Rooney, Presidente del club di Chicago, raccomanda l’industriale tessile Alberto Frua per la Fondazione di una sede a Milano. Mentre si susseguono proposte e progetti, Borriello non riesce a raggiungere risultati degni di nota, finché il suo incarico viene revocato, alimentando un senso di sfiducia all’interno del Rotary americano. Perry stesso commenta il lavoro di Borriello con una nota dal tono piuttosto rammaricato.

La scelta di Milano

Trascorsi alcuni anni dal fallimento di Borriello, nel novembre del 1922, l’ingegnere italo-irlandese Leo Giulio Culleton, in collaborazione con la British American Association di Milano, informa Vivian Carter, segretario dell’Associazione britannica del Rotary, di voler dare vita a un club a Milano e nel giugno dell’anno successivo informa il quartier generale a Chicago di aver già fondato una sede milanese.

Nella lettera a Carter, tra i vari motivi che avevano orientato la sua scelta, Culleton sottolinea una particolare “sensibilità e predisposizione latina” ad aiutare chi ha bisogno. Nel luglio del 1923 la commissione approva l’inclusione dell’Italia tra i paesi dove si poteva sviluppare il Rotary, Culleton diventa segretario del neonato club milanese, nomina Sir James Henderson Presidente e il 20 novembre 1923 si tiene la prima colazione ufficiale al caffè Cova in via Montenapoleone a Milano.

Nel frattempo, abbiamo un inizio. Ho pranzato con alcune persone che ho individuato e che sono ansiose di diventare dei membri”.

Leo Giulio Culleton

 

Sarei molto grato se mi poteste mettere in contatto con le autorità che ci possano assistere per organizzare un club a Milano. A Milano sono stato in contatto con un numero di uomini di affari di spicco avvicinati principalmente per il loro essere diretti; sebbene il loro prestigio nelle rispettive occupazioni non è da considerare in secondo piano. Ho avuto l’occasione di fare diversi giri in Italia e ho avuto modo di intuire l’anima del paese. C’è un nuovo elemento qui, che si accorda con la maniera anglo-sassone di intraprendere affari in modo onesto e la combinazione del fair-play con una predisposizione Latina all’ospitalità e al desiderio di aiutare dove possibile, che costituirebbe un insieme di buoni elementi”.

Rotary Club di Milano Centro, Nascita e rinascita del Rotary a Milano e in Italia, a cura di Armando Frumento, 1975, p. 19.

I primi soci

Nel 1928, Sir James Henderson, in qualità di socio fondatore ed ex Presidente, propone il suo racconto della fondazione del club di Milano, soffermandosi sui criteri di scelta che lo avevano ispirato nella scelta dei primi soci e ribadendo il suo intento di fare del Club milanese il luogo di aggregazione dell’élite lombarda, eleggendo unicamente le persone più rappresentative dell’industria e del commercio. Questa linea elitaria non era condivisa da Leo Culleton che, in accordo con i club americani, preferiva un carattere “ultra-democratico”. Ben presto, tuttavia, lo stesso Culleton si rese conto che un’apertura a persone di tutti gli strati sociali non era adatta al contesto italiano per la diversa natura delle istituzioni, che esigeva una selezione sulla base della qualità piuttosto che della quantità. Se però, da una parte, il carattere elitario dell’ammissione era stato valutato come la scelta migliore, dall’altra si osservava una certa lentezza nel raccogliere adesioni. Henderson ricorda che all’inizio, nell’estate del 1923, a far parte del Club milanese erano soltanto in quattro: lui, Culleton, Wendell Clarke, e l’Avv. Achille Bossi e che fu molto difficile trovare una quinta persona. Superate le iniziali difficoltà, il 20 novembre dello stesso anno la sede milanese poté essere inaugurata con i seguenti soci:

Alberto Edoardo Bianchi, socio dal 1923 al 1937. Presidente, Amm. Del. Dir. Gen. Società chimica lombarda AE Bianchi CL fabbrica colori di anilina. Nasce nel 1876 e studia nella scuola di chimica applicata di Mulhouse (Francia). Dopo il diploma si dedica ad alcune attività commerciali paterne fino ai primi del Novecento quando fonda una piccola fabbrica di colli vegetali nel quartiere Affori a Milano. Durante la Prima guerra mondiale la sua ditta produce soprattutto ammoniaca compressa per impianti frigoriferi industriali e nitrato di ammonio per le esplosioni. Con la fine della guerra riconverte la produzione in lavorazione di materie prime coloranti. Nel 1945 l’azienda viene messa sotto sequestro come bene nemico e acquistata dall’ANIC del gruppo ENI.

Senatore Borletti socio dal 1923 al 1963. Presidente del Linificio e Canapificio Nazionale. Nasce a Milano nel 1880 studia ragioneria e conclude gli studi laureandosi in Economia in Germania. Tornato in patria lavora per qualche tempo nell’azienda paterna la Borletti & Pezzi. Senatore Borletti è tra i promotori della Filatura Lombarda di lino e canape. Nel 1917 si occupa anche di meccanica di precisione dando origine al marchio “Veglia”. Nel corso deli anni le sue attività economiche si diversificarono, fino a dedicarsi ai grandi magazzini rilevando La Rinascente e fondando l’UPIM. Nel 1926 acquista da Enrico Olivetti l’Inter allora Football Club Internazionale e ne rimane presidente per due anni. Muore nel 1939.

Beniamino Donzelli

 

Achille Bossi, socio dal 1923 al 1960. Avvocato commerciale. Governatore nel biennio 1947-1948.

Giovanni Battista Caproni, socio dal 1923 al 1957. Presidente Soc. Italiana Caproni, CL costruzione aeroplani. Nasce nel 1886. Si laurea in ingegneria civile a Monaco di Baviera. Durante un soggiorno di studio a Liegi si appassiona all’aeronautica e poco tempo dopo costruì il suo primo velivolo a motore. Poco prima della Prima guerra mondiale si trasferisce a somma Lombardo e fonda la Caproni che fornì mezzi aerei durante il primo conflitto mondiale e nella guerra di Abissinia. Nel 1940 venne insignito da Vittorio Emanuele III del titolo nobiliare di conte di Taliedo. Nel secondo dopoguerra la sua azienda fu prosciolta per collaborazionismo con i tedeschi e si diede alla latitanza. Successivamente ricostituì la sua azienda che però non ebbe la stessa fortuna che ebbe durante i due conflitti mondiali.

Primo Crivelli, socio dal 1923 al 1937. Agente di cambio.

Leo Giulio Culleton, socio dal 1923 al 1924. Ingegnere. Henderson definì Culleton l’”iniziatore” e lo ricorda con le seguenti parole: “Ebbene se ciò è avvenuto lo si deve all’opera dell’Ing. Culleton”.

Achille Bossi

 

Egli sin dal primo istante, con visione sicura, tracciò la sua vita, fatta di fede, entusiasmo, di volontà e dedicò quasi interamente sé stesso alla propaganda rotariana, alla quale diede tutto l’impulso delle sue inesauribili energie.

“L’espansione dell’Associazione rotariana in Italia si deve all’entusiastica propaganda dell’Ing. Culleton, il quale, superando le indifferenze e l’incomprensione generale, seppe attrarre nell’orbita rotariana pochissimi amici, riuscendo a dare inizio a quegli amichevoli ed intimi conviti”.

Enrico De Giovanni, socio dal 1923 al 1933. Titolare ditta E. De Giovanni- CL comm. cristalli di sicurezza.

Beniamino Donzelli, socio dal 1923 al 1952. Cav. Del lavoro. Presidente Azienda Cartaria Italiana. Nasce a Treviglio nel 1863, trascorre un periodo di lavoro e formazione in Francia e quando torna in Italia, prende la direzione della Cartiera Valvassori ma l’incarico dura poco a causa delle cattive condizioni economiche aziendali. Negli anni 20 si dedica a diverse opere filantropiche. Nel 1923 viene eletto deputato provinciale e l’anno dopo entra nel comitato promotore della Fiera di Milano. Si rifiuta di aderire alla Repubblica di Salò e aiuta la lotta partigiana con ingenti somme economiche. Muore nel 1952.

Federico Guasti, socio dal 1923 al 1930. Notaio

Gaspare Guasti, socio dal 1923 al 1930. Consulente.

Sir James Henderson, socio dal 1923 al 1960. Dir. Gen. Cucirini Cantoni Coats. Socio onorario dal 1961 al 1967.

Carlo Mira, socio dal 1923 al 1926. Industriale.

Girolamo Moroni, socio dal 1923 al 1926. Proprietario Ditta G. Moroni.

Giorgio Mylius, socio dal 1923 al 1934. Titolare Ditta F. E. Mylius. Governatore 1925-1926. Imprenditore tessile. Governatore 1925-1925.

Reginald Mountney Price, socio dal 1923 al 1926. Corrispondente finanziario.

Reginald George Taylor, socio dal 1923 al 1935. Titolare ditta estintori per incendi.

Come primo presidente viene nominato James Henderson, ricordato da Culleton come una personalità fondamentale, per la sua forza dinamica, la sua sicurezza e la sua propulsione, qualità capaci di creare un clima di serena collaborazione fra i soci milanesi.

Sir James Henderson

Sir James Henderson nasce in Scozia il 27 febbraio del 1882. Nel 1904, è Direttore delle esportazioni della J. & P. Coats Ltd nella filiale di Witzschdorf in Sassonia, successivamente viene trasferito a Milano. La sua carriera all’interno della sede italiana della Coats fu velocissima. Durante la Seconda guerra mondiale fu anche consigliere della Sewing silk Ltd di Londra e nel 1945 ritorna a Milano dove aveva sempre avuto la sua residenza e dove ricopriva il posto di Consigliere delegato e Presidente della Cucirini Cantoni Coats e delle cinque compagnie sussidiarie. Sempre a Milano nel 1969 fonda la James Henderson school, ora British school of Milan, con l’intento di costituire un punto di riferimento per l’educazione per i cittadini britannici residenti in città. Fu il fondatore della camera di commercio britannica e rappresentante della banca d’Inghilterra. Nel 1937 fu nominato Baronetto da Sua Maestà e nel 1956 Commendatore dell’Ordine di S. Gregorio Magno, che è il massimo onore papale che si possa conferire ai non cattolici. Muore nel 1967.

James Henderson

“I primi incontri si ebbero nell’estate del 1923, per iniziativa dell’amico Leo Giulio Culleton, che oggi non è più in Italia. Eravamo in quattro: Culleton, Clarke – anche questi si trovava allora in Italia, essendo Commissario del Governo canadese- l’Avv Bossi ed io. (..). Riandando agli inizi del nostro Rotary, al tempo cioè in cui con l’amico Culleton non avevamo un programma ben definito; ma gradatamente, a mano a mano che trovavamo nuovi aderenti, abbiamo stabilito un principio che è stato fatto proprio anche dagli altri Clubs italiani. E cioè, noi abbiamo fatto in modo che per ogni industria, per ogni commercio, per ogni professione fosse ammessa nel Rotary la persona più rappresentativa. Il principio è stato sempre mantenuto, per quanto si sia discusso parecchie volte sulla convenienza o meno di continuare su questa strada. Dichiaro subito che, per conto mio, sono dell’opinione che dobbiamo persistere sulla via scelta, così come credo potremo avere i rappresentanti di tutte le industrie, senza venir meno al principio stabilito”.

Lattività editoriale del club

A partire dalla sua Fondazione, la vita del club continuò a svilupparsi anche grazie ad un lavoro editoriale che fu fin da subito ritenuto importante. Nel giugno e nel luglio 1924 comparvero i primi due numeri de Il Rotary e nel 1927 cominciano le pubblicazioni dell’Annuario dove i soci venivano immediatamente inseriti in un elenco che li collocava in un sistema di relazioni non solo italiane ma internazionali.

Di particolare rilievo è poi la fondazione della rivista Realtà diretta dal Sen. Giuseppe Bevione. All’interno della pubblicazione venivano diffuse relazioni su vari temi di carattere economico nazionale, cultura varia oppure storico-geografico. Non tutti gli argomenti erano trattati con lo stesso approfondimento. Si evitavano testi che potessero portare un conflitto con il partito dominante, ad esempio l’organizzazione dello stato o i rapporti internazionali.

Numerosi sono stati i contributi da parte di personalità importanti della società italiana. Tra gli autori si trovano Giorgio E. Falck, Sileno Fabbri, Luigi Mangiagalli, Emilio Turati. La rivista era un veicolo di scambio di esperienze e conoscenze tra i soci. Realtà aveva contribuito al consolidamento del movimento rotariano in Italia: e, a quanto si affermava, tra i lettori più attenti alla pubblicazione c’era Benito Mussolini, che in essa trovava spesso aggiornamenti sui temi più attuali.

Lo scioglimento

Il contesto

Nella seconda metà degli anni Trenta del Novecento, lo scenario della politica internazionale si modificò. L’Italia prese parte anche se in maniera dissimulata al conflitto spagnolo, si avvicinava al nazismo e varava le leggi razziali con la conseguente persecuzione degli ebrei.

In questo periodo il Governatore del Distretto è Guido Carlo Visconti di Modrone, personalità ben vista sia dalla Famiglia Reale che dal Regime. Guido Carlo Visconti di Modrone si impegnò a coordinare la raccolta di consensi e di adesione di tutti i Club in favore della guerra di Etiopia che scoppiò nel 1935.

Al fine di placare le polemiche in seguito al contrasto tra il bellicismo del governo italiano e i valori di amicizia e collaborazione che caratterizzavano il Rotary, Visconti di Modrone inviò a tutti i Club nel mondo un augurio che potesse conciliare la pace con la giustizia. Per diffondere questo augurio, il Segretario Bossi preparò un opuscolo redatto in quattro lingue che s’intitolava “Note di un italiano sulla questione etiopica”. In questo testo si rimarcavano le finalità civilizzatrici dell’azione militare.

Guido Carlo Visconti Vimodrone

 

Nel 1937 i dirigenti rotariani inoltrarono al Governo italiano la richiesta di autorizzazione per l’organizzazione della Convention internazionale nel 1941, ma questo permesso non arrivò mai perché Mussolini non firmò il documento di nulla osta. Da quest’episodio si poteva comprendere come il Duce stava cambiando atteggiamento nei confronti del Rotary, del quale mal tollerava l’ispirazione democratica di stampo Nord-Americano.

Una reputazione infangata

Negli ambienti estremisti del regime, si andavano affermando idee per le quali il Rotary era considerato nemico dei regimi totalitari. Nella rivista antisemita di Giovanni Preziosi La vita italiana, il Rotary era associato alle “potenze occulte” e assimilato al giudaismo internazionale, le grandi banche…

Scaduto il mandato di Visconti di Modrone, venne nominato Presidente il Generale Paolo Ruggeri Lederchi. Egli sosteneva che solo l’intervento di Mussolini potesse proteggere il Rotary dalle accuse che venivano mosse, ma il Duce se ne disinteressò completamente non concedendo mai nessuna udienza a Lederchi.

Nell’estate del 1938 la crisi del Rotary peggiorò ed alcuni Club si sciolsero, numerosi soci si dimisero. In agosto, il Club di Trieste cessò ogni attività e così fece anche il Club di Pisa nel mese di settembre. Il Governatore in carica, il Senatore Attilio Pozzo convocò a Milano il Consiglio Nazionale al quale parteciparono tutti i rappresentanti dei Club. La delegazione milanese era guidata da Umberto Quintavalle che nel suo intervento sottolineò come i milanesi non avevano niente da rimproverarsi nella lealtà verso il Regime. Nel frattempo, Mussolini continuava la sua propaganda contro la borghesia accusandola di essere “sedentaria, pacifista e pronta a commuoversi”. I riferimenti erano chiari ed erano il segno che il clima continuava a rimanere ostile.

Dopo qualche settimana in una seduta il Consiglio Nazionale si proclamò lo scioglimento dell’Associazione: era il 20 dicembre del 1938.

Bollettino n. 15 novembre 1938

Quando un sodalizio può far dare lettura dal suo Presidente di un elenco di nomi come quello che ci ha letto l’amico Portaluppi, non è necessario ripetere che anche nei giorni che si attendono, guarderemo sempre al nostro periodo di vita rotariana con sentimento di legittimo orgoglio e di giusta fierezza, e forse qualche volta penseremo anche che non fossimo sempre e del tutto degni degli amici e dei camerati con cui abbiamo vissuto. L’ultima volta che ci siamo qui incontrati eravamo appena reduci da Roma dove il Consiglio Nazionale aveva deliberato lo scioglimento del Rotary col 31 dicembre. Ricordo che in quel giorno il nostro Presidente, che aveva cominciato la sua relazione, non la poté continuare. Quest’oggi ho ammirato la forza e la serenità con cui Portaluppi ha voluto far risplendere ancora nella nostra riunione col suo sorriso ambrosiano, quel sorriso cordiale e fraterno che ci permette di sorridere qualche volta per nascondere la lacrima; quella bonarietà che è un po’ come il balsamo che spargiamo sulle nostre ferite, quando abbiamo il pudore virile del nostro dolore. (…)”.

“Fra pochi istanti finirà quest’ultimo incontro, e di queste ore passate insieme e di questi nostri raduni non rimarrà che il ricordo. Solo più tardi, forse quando la nostra mente si curverà sul passato e ne vedrà le prospettive e i contrasti, perchè ci vuole l’ombra per far spiccare la luce, la distanza per darci il senso delle proporzioni, forse allora soltanto potremo apprezzare pienamente tutto quello che il Rotary è stato per noi, tutto quello che abbiamo trovato per la gioia del nostro spirito, per il conforto del nostro animo, in queste nostre adunanze. (…)”.

“Il Rotary si scioglie; ma vi è qualche cosa che non si può sciogliere ed è il legame di amicizia, di stima, di rispetto che si è stabilito in questi quindici anni tra i rotariani italiani, il sentimento comune che ci ha affratellati nel desiderio profondo di servire sempre più intensamente e sempre più degnamente la nostra Patria”.

L’eredità

Nell’ultimo incontro, il 20 dicembre del 1938, il club milanese si era adoperato affinché fosse ricordato l’operato dei primi 15 anni del club, e aveva attuato una serie di iniziative, finalizzate sia a mantenere traccia di azioni concrete, sia a consolidare i rapporti con i clubs internazionali. Tra le varie proposte c’era quella di istituire delle borse di studio per studenti stranieri che avessero voluto venire a studiare la cultura italiana all’università di Perugia e la raccolta in unico volume di tutta la corrispondenza con l’estero, per dimostrare come potevano essere abbattuti i muri tra i popoli. Per quanto riguarda invece l’archivio, il club milanese voleva riunire in un unico volume i documenti delle attività svolte nei 15 anni di servizio, i bollettini delle riunioni, e una lunga relazione in tema di autarchia. Lo scopo di questo impegno era quello di garantire un’adeguata documentazione per coloro che avrebbero intrapreso delle attività di approfondimento e di studio riguardanti questo periodo che era considerato dai soci come molto produttivo in termini di idee e di opere a beneficio della città e del paese. “Assicurare a coloro che studieranno questo periodo, la documentazione, di questa che rimarrà una delle espressioni più alte della vita italiana di questo periodo”.