L’editoria

L’editore Arnoldo Mondadori

Il 17 Ottobre 1950, il socio Achille Castiglioni, annuncia la nascita della rivista “Epoca”, fondata da Arnoldo Mondadori. In quegli anni l’industria della carta stampata era in continua ascesa con un consumo di carta che si attestava intorno ai 650 mila quintali all’anno per i quotidiani, 550 mila per riviste e per i periodici e infine 250 mila per i libri. Nel suo intervento, Arnoldo Mondadori non solo descrive sommariamente la panoramica della produzione editoriale della carta stampata, ma sottolinea il rapporto ormai inevitabile tra i giornali e la pubblicità. A metà degli anni 50 si stampavano 112 quotidiani per un totale di un milione e mezzo di copie. I periodici invece erano (?) 190 con una tiratura settimanale complessiva di 12 milioni di copie. I periodici si potevano dividere in diverse categorie: i grandi settimanali d’informazione come Epoca, l’Europeo, il Tempo e Settimana Incom e settimanali popolari come la Domenica del Corriere e Grand Hotel che stampavano rispettivamente un milione di copie. Il rapporto tra tiratura e valore delle inserzioni pubblicitarie era stato esemplificato con la vicenda del settimanale americano LIFE. Questa rivista veniva stampata con una tiratura che non prevedeva una stampa aggiuntiva, di conseguenza le perdite previste per questo limite dovevano venire compensate dalla pubblicità che negli anni 50 arrivava ad avere un valore di 25, 30, 35 mila dollari per pagina. Diversa è la gestione del Reader’s digest, che con una tiratura di 133 milioni poteva permettersi di rinunciare agli introiti provenienti dalle inserzioni pubblicitarie.


In Italia, i quotidiani non sopravvivevano per i guadagni delle vendite ma per i finanziamenti da parte di gruppi d’interesse come i partiti politici e solo in misura minore per i ricavati dalle inserzioni pubblicitarie che non rappresentano ancora un’entrata finanziaria significativa per la carta stampata.

Arnoldo Mondadori, Enzo Biagi e altri giornalisti partecipano al quinto anniversario della rivista Epoca

L'editore italiano Arnoldo Mondadori, il giornalista e scrittore italiano Enzo Biagi e altri giornalisti partecipano al quinto anniversario della rivista settimanale Epoca nata il 14 ottobre 1950. Milano, ottobre 1955

Arnoldo Mondadori sullo stampare i libri

“Rimane l’ultimo settore, che chiamerò la serra dell’editore, la mia amante preferita, la donna che amo: il libro. Io credo che tutte le industrie si somigliano, tutte le attività abbiano la loro forma, la base insopprimibile che è la colonna del dare e dell’avere. Ognuno di voi, amici industriali, attraversa le stesse sofferenze, gli stessi pensieri, oso dire anche lacrime per arrivare ad essere qualcuno o aver creato qualcosa. Però consentitemi di dirvi che il mio mestiere è il più bello di tutti, perchè si entra in questo ramo non portati da consigli, suggerimenti, convenienze e nemmeno da tradizioni familiari, se non si ha quel sesto, quel settimo, quell’ottavo senso non si può fare l’editore perché la bellezza, la gioia della nostra materia prima non è la carta, ma è quella materia prima che è il cervello, l’ingegno, qualcosa che non si può valutare né altro. Perché quando pubblicate un libro non sapete quale fortuna potrà avere e se mettiamo pensate che valga 100 prima di averlo, una volta fatto può darsi che valga zero. Per questa stupenda idea che ci tiene continuamente in pressione/passione non ha mai infiacchito che è la gioia di seguire e creare giorno per giorno, ora per ora sono tutti gli elementi che consentono a me e a tutti i colleghi editori di continuare per questa strada”.

Boll. n.259, 18 marzo 1952

Quando pensate a 3 milioni di tiratura, è facile fare i calcoli. Pensate solo che LIFE consuma ogni settimana dai 250 ai 300 vagoni di carta per stampare il suo numero. Gli editori italiani seguono la stessa strada ottenendo gli stessi risultati, perché ogni impresa che noi avviamo, soprattutto di giornali, di quotidiani e di riviste ricalca questa strada. Posso dire che una delle ultime nostre pubblicazioni è costata centinaia di milioni. Chi non fosse pratico, sarebbe indotto a pensare che noi siamo megalomani. In realtà per raggiungere il pareggio naturalmente occorre fiato, costanza, tenacia e qualcosa in più che la passione, in questo ramo. Veniamo a un altro aspetto dell’attività editoriale giornalistica e di periodici. Come vivono da un punto di vista economico? I quotidiani, fatta eccezione di alcuni (?) che potremmo elencare sulle 10 dita delle due mani, tutti gli altri sono passivi, sono sovvenzionati dai partiti o dai gruppi che hanno interesse a fare questo. Ma spostato l’intervento politico rimane il fattore fondamentale di questa attività editoriale industriale che è la pubblicità. Tutti i quotidiani e i settimanali vivono oggi non in forza delle vendite, perché i costi e i prezzi hanno continuano a salire, ma traggono rendimento e le quadrature dal circolo pubblicitario”.

Le biografie di Benito Mussolini

Tra i vari aneddoti riguardanti i personaggi incontrati durante la sua attività, Arnoldo Mondadori ricorda Gabriele D’annunzio, Benito Mussolini e il rapporto tra i due. L’editore racconta che Mussolini aveva sempre avuto un complesso d’inferiorità nei confronti dello scrittore il che lo portava a trattarlo con infiniti riguardi e a prendere le sue difese in caso di offese più o meno velate. Rispetto a Mussolini, Mondadori ricorda alcuni episodi che s’intrecciano con la sua carriera di editore. Per esempio i primi tempi che Mondadori incontrava Mussolini, il duce era solito chiedere in maniera quasi ossessive notizie sulla scrittrice Ada Negri. Domandava sempre: “Cosa sta facendo Ada Negri? Come va Ada Negri?”, pare infatti avesse una specie di ossessione per la scrittrice che in quel periodo stava scrivendo la sua biografia “Stella mattutina”. Nel 1926, quando la carriera di Mussolini era diventata più importante, l’editoria cominciava ad interessarsi alla figura del duce. Non tardò molto l’interesse di Margherita Sarfatti, un’amica del duce, che iniziò scrivere una biografia su Mussolini.

Tra i due intercorsero diversi incontri, e seguì un periodo di estenuanti modifiche e varie stesure del testo, ma alla fine l’opera si completò con la prefazione di Mussolini stesso. A quel punto il duce ci aveva ripensato e non voleva che Arnoldo Mondadori pubblicasse la sua biografia. Nonostante il veto, l’editore andò avanti con il suo progetto, rassicurando Margherita Sarfatti che una volta pubblicato il libro avrebbero trovato il modo per appianare la situazione. Una volta stampato il libro, l’editore aveva portato le prime copie al duce che si congratulò con lui per la cosa ben fatta e per averlo comunque stampato.

La biografia di Mussolini scritta da Margherita Sarfatti aveva venduto successivamente mezzo milione di copie e aveva avuto 18 traduzioni all’estero.

Qualche tempo dopo Mondadori aveva intuito che il duce voleva pubblicare una biografia o autobiografia e tempestivamente gli inviò una bozza di contratto con allegato un assegno di 100.000 lire, ma quando fu ricevuto da Mussolini per finalizzare l’accordo, Mussolini disse all’editore che non aveva nessuna intenzione di pubblicare un libro con lui e che non avrebbe firmato il contratto e che poteva riprendere il suo assegno che purtroppo si era rovinato in un angolo. A questo punto Mondadori chiese a Mussolini di firmarlo ugualmente perché l’avrebbe conservato come documento. Il duce lo firma e qualche decennio dopo quell’assegno firmato avrebbe avuto un valore ben più alto di 100 mila lire, ma durante la seconda guerra mondiale fu perduto insieme ad altri documenti.

 

Boll. n. 361, 13 aprile 1954

“Mussolini lo conobbi nel 1919, nel 1920, 1921 incidentalmente all’Hotel del Corso dove io arrivavo dalla piccola Verona per iniziare l’assalto da buon milanese alla capitale lombarda. lo trovavo al bar con il suo solito bicchiere d’acqua, perchè era parco e non aveva mezzi, con gli occhi spiritati, col bavero rialzato, coi polsini sporchi e seguitava con una certa monotonia a chiedere sempre le stesse cose: “Cosa sta facendo? Come va Ada Negri?” Aveva un chiodo fisso per Ada Negri, la cara maestrina di Motta visconti che proprio in quel periodo scriveva il capolavoro della sua vita, la sua biografia: “Stella mattutina”. Mussolini poi incominciò la sua rapida carriera, arrivò potere e si iniziarono dei rapporti d’affari editoriali. Margherita Sarfatti era una buona amica di Benito Mussolini. Verso il 1926 mi disse che voleva scrivere una biografia di Mussolini, se ero disposto a pubblicarla. Potete immaginare era il momento dell’audacia…(..). Cominciò la stesura, assistetti a qualche colloquio telefonico fra lei e Mussolini, molto dura, imperiosa, si sentiva il sopravvento della donna sull’uomo e arrivammo alla fine. Chiese una prefazione a Mussolini che la mandò immediatamente. (…) Arrivammo al benestare e senz’altro mi misi a stampare l’opera, convinto anche da editore che sarebbe stato un eccellente affare perchè tale era il momento. Mentre l’opera sta per uscire, Mussolini arriva a Milano in Prefettura e mi manda a chiamare. Ero in contatto continuo con Margherita Sarfatti che si è domandata “Cosa vorrà?”. Mi riceve brusco e dice: “Lei sta per pubblicare il libro della Sarfatti?”

Arnoldo Mondadori discute con Livia De Stefani accanto a Anna Bonomi Bolchini

L'editore italiano Arnoldo Mondadori discute con la scrittrice italiana Livia De Stefani premiata con il Soroptimist. Gli siede accanto l'imprenditrice italiana Anna Bonomi Bolchini. Santa Margherita Ligure, luglio 1956


“Sì, è un’opera bella. Io faccio l’elogio. Mi tronca: “No non si deve più stampare”. “Ma ho già tutto preparato!”. “Non si deve più stampare!” “Qual è la ragione di questo diniego?” Dice “Niente ci ho ripensato” (…) “Ma Presidente chi avrà il coraggio di andare a dire a Margherita Sarfatti che il libro non si pubblicherà più?” . Lui mi guarda per un attimo e poi i dice: “Io no di certo: Lei andrà a dirlo. (…). Stampo il libro, e poi dico risolveremo questa specie di enigma. Chiedo di essere ricevuto. Mi riceve. “E’ pronto il libro” gli dico “Presidente io non ho avuto il coraggio di dire a Margherita Sarfatti che Lei ha messo il veto, credo anzi di aver fatto una cosa anche buona per Lei”. Dice “Ha ragione: ha fatto bene. Venda questa edizione poi le raccomando, non ne faccia più”.

Guarda Arnoldo Mondadori: Una vita per l’editoria

Valentino Bompiani diventa socio

Il 21 febbraio del 1961, l’editore Valentino Bompiani entra a far parte del Rotary nella categoria “Dizionari enciclopedici”. Nel testo della sua presentazione, Piero Portaluppi aveva ricordato gli autori che erano stati pubblicati dalla casa editrice come Massimo Bontempelli, Paola Masino, i premi vinti con i titoli da lui scelti come il premio Bagutta, il Premio Viareggio e il Premio Bancarella. Bompiani è il secondo editore rotariano, dopo Arnoldo Mondadori, a ricevere il “Libro d’Oro”, un riconoscimento istituito dalla Presidenza dei ministri per gli editori che abbiano contribuito all’elevazione spirituale del Paese. L’attività editoriale è completata con la pubblicazione del Dizionario letterario delle opere e dei personaggi di tutti i tempi e di tutte le letterature e dalla fondazione del periodico dedicato al teatro “Sipario”.

Arnoldo Mondadori, Valentino Bompiani e Alberto Mondadori

L'editore italiano Arnoldo Mondadori accanto all'editore Valentino Bompiani mentre conversano con altre persone. Alle loro spalle Alberto Mondadori con una sigaretta in bocca. Italia, 1950.

Il Corriere della sera di Piero Ostellino

Dal 1984 al 1987 il socio Piero Ostellino era direttore del Corriere della Sera. Questo prestigioso incarico era motivo di orgoglio per tutto il club milanese che aveva potuto condividere con il direttore la visione del nuovo giornale. Il primo dato da segnalare era un incremento delle vendite dall’anno 1983 al 1984. Questo incremento era stato possibile sia per una nuova organizzazione del lavoro, sia per una diverso modo d’intendere il giornalismo. Generalmente le redazioni dei giornali italiani erano organizzate con una struttura fortemente gerarchica dove le decisioni erano per lo più accentrate nelle mani del direttore. Piero Ostellino, grazie alla sua esperienza internazionale, aveva potuto osservare altri modelli di gestione. Soprattutto negli Stati Uniti i giornali erano organizzati in una struttura molto più orizzontale con diversi sistemi di decentramento, autonomia e responsabilità. Questo sistema permetteva una maggior flessibilità e un maggior coinvolgimento da parte dei redattori nel processo decisionale. In virtù di questi vantaggi Ostellino aveva replicato questo modus operandi anche all’interno del Corriere con buoni risultati. Le resistenze riguardavano soprattutto i giornalisti che in un sistema fortemente gerarchico potevano mettersi al riparo più facilmente dalle responsabilità.

L’organizzazione adottata da Ostellino era anche funzionale alla sua idea d’informazione che non prevedeva nessuna preclusione di carattere ideologico nei confronti di nessuno all’interno del giornale e una posizione che non si configurava come neutrale rispetto agli avvenimenti che potevano compromettere la libertà o la dignità umana. Un giornale, aveva affermato il direttore, “era un prodotto atipico, un prodotto che ha anche delle responsabilità, chiamiamole di carattere etico-politico, ma rimane pur sempre un prodotto che deve essere venduto sul mercato, e il cui giudice supremo poi rimane il lettore”. Il Corriere aveva l’ambizione non di essere oggettivo, ma imparziale che voleva dire non fare affermazioni di tipo ideologico non verificabili nella realtà. Non voleva essere un giornale-partito che pretendeva di stabilire quali erano gli schieramenti, o essere in maniera pregiudiziale favorevole al governo di turno, ma un giornale che verificava di giorno in giorno i comportamenti della classe politica, compreso quella del governo. Un giornale articolato, libero, aperto che cercava di fare un’ informazione verificabile e di favorire lo sviluppo di un’opinione.

Bollettino n. 21 8 gennaio 1985

Piero Ostellino: “Nel mio articolo di presentazione quando sono diventato Direttore, ho scritto che la nostra aspirazione era quella di fare del Corriere della sera il giornale del cittadino che vuole contare nella società d’oggi; ma il cittadino che vuole contare nella società d’oggi deve essere soprattutto correttamente informato su quelli che sono gli atteggiamenti concreti, reali delle forze politiche che decidono del suo avvenire. Il giornale non è un’istituzione, non è un servizio sociale, ma ha la funzione d essere lo specchio del processo politico, cioè di ricordare alla classe politica che i suoi comportamenti hanno conseguenze politiche cui la classe politica deve assumersi la responsabilità, e contemporaneamente riflettere verso la classe politica le aspettative della società”.