I luoghi della scienza e della tecnica
Il Planetario
Il 3 giugno 1930, il Presidente del Rotary Club Milano in carica, dott. Giuseppe Bianchini, ringrazia l’editore Ulrico Hoepli per aver contribuito in maniera “munificente” all’istituzione del Planetario, il cui edificio era stato progettato dall’Arch. Piero Portaluppi e la cui direzione scientifica era affidata al Prof. Emilio Bianchi.
Il progetto del Planetario era stato accolto con molto favore perché si riteneva che potesse “popolarizzare” la cultura astronomica, rendendo gli argomenti di carattere scientifico più accessibili. Qualche mese prima il prof. Emilio Bianchi aveva rendicontato lo stato dei lavori e i progetti per la nuova istituzione. Erano previste rappresentazioni gratuite per le scuole, borse di studio per giovani astronomi meritevoli, proiezioni a pagamento per aumentare gli introiti. In occasione dell’inaugurazione Ulrico Hoepli ricorda che la costruzione del Planetario è stata possibile grazie anche alla sua passione per i libri e per la conoscenza scientifica e per il legame affettivo con Milano. La città, infatti, aveva sempre ben accolto la sua lunga attività di editore.
Bollettino n. 127, 14 gennaio 1930
[Emilio Bianchi] “Già da circa sei mesi ho avuto occasione di presentare al Podestà di Milano un preventivo di funzionamento del Planetario, il quale a Milano funzionerà in condizioni eccezionalmente favorevoli, perché di fronte a una spesa annua di circa 80 mila lire, si avrà un introito di almeno centomila lire con sole due rappresentazioni settimanali a pagamento. Tutte le altre rappresentazioni dovranno essere gratuite, per le scuole, per gli enti culturali e per quanti hanno diritto di educare la propria mente. Quindi, se le previsioni non sono sbagliate, dal funzionamento del planetario si ricaverà questo non lieve beneficio; di allargare enormemente la cultura Astronomica della popolazione milanese, poiché dagli alunni delle scuole elementari, su fino agli allievi dell’Università tutti potranno assistere alle proiezioni del Planetario; ed in più, con gli introiti netti, non sarà difficile istituire a nome del Comune, una o due borse di perfezionamento in astronomia all’estero”.
Negli anni 30 operai e meccanici erano molto ricercati sulle navi e Milano era considerata un ottimo luogo per formare operai e meccanici esperti. A Milano i gerarchi dell’Associazione marinai in congedo avevano contribuito ad istituire luoghi di formazione che potessero servire alla Regia Marina. Nel 1922 si era cominciato a raccogliere del materiale per un’esposizione sul mondo nautico. In primo luogo questi oggetti furono conservati in una palestra in via della Signora dove si tenevano anche i primi corsi di formazione. Successivamente il “Museo” venne spostato di sede diverse volte, prima nei locali della Prefettura, poi nelle scuole di Corso Roma ed infine nei locali superiori delle scuderie della Villa Reale in via Palestro.
Dopo la visita del Duce, nel 1930, cominciarono le trattative per lo spostamento di tutto il materiale nei locali del Castello Sforzesco, dove doveva avere sede la “Casa del mare” che era costituita dalle scuole marinare e dal Museo Navale. Furono donati al museo molti modellini di elevato valore storico, tra cui il modello di una delle navi di Caligola e di una delle caravelle di Colombo, la Santa Maria. La collezione conteneva anche litografie, incisioni, apparecchi di bordo, cimeli storici come la prora della goletta Stella Polare su cui s’imbarcò il Duca degli Abruzzi nel suo viaggio per l’Artide. Il Comandante Federico Jarach che era stato il relatore del resoconto delle vicende del Museo Navale, esortava i soci a visitare e sostenere quest’istituzione, che era considerata molto importante sia da un punto di vista culturale sia da un punto di vista strategico per la diffusione della propaganda fascista e militarista del tempo.
Allegato al Bollettino settimanale n. 2,14 gennaio 1936
“Nel 1921 si costituisce il primo direttorio dell’Unione marinara italiana. Alla sezione di Milano faranno seguito decine di consorelle in ogni parte d’Italia e la dozzina di soci fondatori milanesi diventerà migliaia di soci italiani. Nello statuto sociale e precisamente al paragrafo 3 si legge: “Propaganda marinara e coloniale presso l’opinione pubblica” e gli uomini sotto la direzione del Bertola, iniziano la propaganda istituendo dei corsi premarinari. (…). vedrete una pleiade di riproduzioni di navi a vela a vapore, di navi da guerra e mercantili, artiglierie ed armi subacquee, stazioni e arnesi da pesca, giunche cinesi e “sampan”, modelli selezionati, apparecchi di bordo. Litografie, incisioni, acqueforti pregevolissime sono in parte esposte ed in parte attendono di essere sistemate”.
La Torre Branca
Perché costruire la Torre Littoria al Parco Sempione di Milano?
A questa domanda i Rotariani avevano risposto con una descrizione dettagliata delle tecniche e dei materiali impiegati nella costruzione. La Torre si configurava come un esempio di architettura ultra moderna che rispondeva alla domanda di progresso da un punto di vista ingegneristico e culturale. Il comune di Milano e la Triennale avevano voluto, infatti, che il mondo dell’arte, dell’ingegneria e dell’architettura avessero un campo di applicazione che potesse rispecchiare i progressi in atto in quel periodo.
Il progetto era stato concepito con la collaborazione di Giò Ponti, Raffaele Calzini e dell’Ing. Cesare Chiodi. La realizzazione materiale era stata affidata ad industrie come la Vanzetti, la Breda, la Dalmine, la ditta Rocca, che misero a disposizione maestranze e materiali . Un ringraziamento particolare venne poi rivolto alla squadra degli otto carpentieri che per primi diedero il “collaudo spirituale” alla costruzione. A due mesi dalla sua inaugurazione, l’ascensore della torre aveva già effettuato più di 40.000 corse per un totale di 4.000 km.
Ma la vera risposta alla domanda iniziale si ritrova nello spirito che aveva animato questo progetto, “nell’anno XI [dall’avvento del fascismo, quindi nel 1933. N.d.R.] il costruire è un atto di fede in ciò che è nuovo, in ciò che è ardito”. Porsi un problema e tentare di risolverlo con mezzi nuovi era uno scopo per cui valeva la fatica.
Allegato al Bollettino n.143, 23 ottobre 1933
“Ma a noi tecnici piace vedere in ogni, sia pur modesto, cimento della nostra attività anche un contenuto ideale che qualche cosa vale ed a qualche cosa “serve” anche se inafferrabile a prima vista al grosso pubblico” (…) Essa [la Torre Littoria] si differenzia dalle maggiori e minori (?) sorelle metalliche in ogni sua caratteristica strutturale: la linea eccezionalmente slanciata, il materiale tubolare delle sue membrature, i collegamenti realizzati quasi esclusivamente con saldature elettriche in luogo di chiodi. Per quanto riguarda l’arditezza della linea basti un unico raffronto: la Tour Eiffel di Parigi ha una base quadrata di lato pari ad un terzo dell’altezza. Il cerchio inscritto alla base esagonale della Torre Littoria non arriva invece col suo diametro a raggiungere il decimo dell’altezza”. (…). Un particolare ricordo merita il Gr. Uff. Augusto Stigler che dell’iniziativa fu in un certo modo il padre spirituale. Ed infine mi si consenta di dire delle ottime maestranze: fabbri, falegnami, meccanici, saldatori, uomini per solito avvezzi al lavoro del banco e dell’officina, che dovettero improvvisarsi acrobati, sospesi nel vuoto in un lavoro che spesso non conobbe tregua né il giorno né la notte. E soprattutto vada un ricordo all’impareggiabile squadra degli otto carpentieri che primi diedero il collaudo spirituale della nostra costruzione, affidandosi alla nascente struttura frutto di calcoli ad essi ignoti in condizioni di equilibrio da far venire le vertigini al solo vedere”.
Il Grattacielo Pirelli
Bollettino n. 517, 2 luglio 1957
“Avremo il piacere di farvi vedere in una fase molto interessante quello che la Società Pirelli dà a Milano, che è quella struttura dovuta insieme a Pier Luigi Neri, al nostro carissimo Danusso: certe strutture non si vedranno dopo; adesso si vedono in tutta la loro bellezza e importanza. in tutti quelli che in questa circostanza operano per o nella Pirelli, anche noi architetti ed anche i costruttori, c’è il senso di dedicare l’opera nostra alla nostra cara Milano. Noi tutti milanesi operiamo perché questa Milano che non ha bellezze naturali divenga bella per le nostre opere. Noi progettisti abbiamo potuto avere la fortuna di essere chiamati a recare un singolare contributo alla futura Milano, ma la sostanza di questo contributo deriva dalla grandezza di vedute di questa nostra industria milanese. Per volontà e merito della Società Pirelli invochiamo che questo splendore del futuro possa avere una buona testimonianza a Milano. La Società Pirelli che vi invita a questa visita, noi progettisti ne siamo soltanto con grande piacere accompagnatori, ha disposto un autopullman per quanti non disponessero di mezzi propri. Vi attende in Piazza S. Fedele. Ci ritroveremo in Via Fabio Filzi all’ingresso del cantiere; la visita durerà una ventina di minuti”.
“Dopo le parole dell’Arch. Ponti, il club si è trasferito in corpo al Grattacielo Pirelli dove il Dott. Alberto Pirelli, l ’arch. Gio Ponti, il Prof. Danusso e altri dirigenti e sovrintendenti della grande costruzione, hanno accompagnato i visitatori nella visita ai lavori in corso dei quali risulta, imponendosi ai visitatori, l’ampio e geniale disegno costruttivo. Una specie di grande campata frontale di ben 24 metri, fiancheggiata dalle due laterali di 12 metri cadauna, ha impressionato i visitatori come li avevano impressionati gli enormi atrii al terreno e interrati, e le risoluzioni costruttive di più di un problema statico. E’ una nuova meraviglia che al viaggiatore appena uscito dalla stazione apparirà alle soglie della città, proclamando dai suoi 128 metri di altezza la potenza di una grande Casa e l’ardita genialità degli architetti d’avanguardia di Milano”.