Il Club e la città tra gli anni 50 e 60
Il convegno sugli sviluppi di Milano
Nell’ottobre del 1959, in vista del Convegno sugli sviluppi di Milano, Giò Ponti, aveva richiesto ai soci di contribuire con relazioni su svariati argomenti che potessero essere “puntuali ed incisive” rispetto al futuro sviluppo della città. Gio Ponti sottolinea e ricorda come il Rotary in passato si era fatto promotore di diversi progetti animati dal desiderio di garantire il progresso della città di Milano.
Tra tutti vengono ricordati l’Arch. Carlo Maciachini, al quale si deve il Cimitero Monumentale, Piero Portaluppi che , tra i numerosi progetti si era occupato anche degli Arengari e del sagrato di Piazza del Duomo, l’Ing. Marco Semenza che per primo aveva promosso la metropolitana, e infine il sindaco Virgilio Ferrari, rotariano anche lui Tra gli anticipatori viene ricordato Guido Ucelli, che, con la collaborazione di Piero Portaluppi, aveva allestito una sezione di “disegno industriale” all’interno del Museo della Scienza e della tecnica.
All. Bollettino. 625, 13 ottobre 1959
“Milano, la piccola Milano di 300.000 abitanti, anticipò sempre i tempi dando all’Italia il suo più grande Politecnico (fondato da Brioschi, sviluppato da Colombo e retto ora dal rotariano Cassinis), creando per l’Italia il Touring club italiano, presieduto oggi dal nostro Chiodi, dando all’Italia il suo più grande giornale, il suo più grande ippodromo; regalando (una famiglia) all’Italia un’ Università, la Bocconi (la prima in Italia ancora nel suo settore, retta ora dal rotariano Sapori), gettando le basi da Treves ad Hoepli (applausi) della grande editoria, rappresentata qui da due campioni, Mondadori e Rizzoli, rotariani; dando all’Italia l’impulso decisivo per la sua trasformazione in “nazione moderna” per il coraggio e le grandi vedute di quelli che noi chiamiamo i “papà”: il papà Erba, il papà Pirelli, il papà Falck. il papà Frua, il papà Richard, il papà Soldini, i papà Marelli, il papà Hoepli, i due papà Borletti; (se la memoria non mi soccorre nell’ annoverarli tutti, perdonatemi, il più addolorato ne sono io stesso) quegli uomini e quelle famiglie, quelle grandi dinastie industriali che han creato il clima e la condizione per lo sviluppo di quei grandi organismi e gruppi di attività mondiali finanziarie, industriali commerciali, elettrici manifatturieri, economici e bancari nei cui edifici si esprime l’alto potenziale di Milano. Questi organismi (retti e potenziati tutti da rotariani) continuano lo slancio, l’energia, la larghezza di vedute di quei milanesi che in una città ancora piccola realizzavano richiamando senza paura fiduciosi interventi stranieri”.
Milano e il Mercato Comune
Il Mercato Comune diventa un argomento di grande rilievo tra i rotariani alla fine degli anni Cinquanta .
Nel 1958 era stato tenuto un incontro a Palazzo Marino riguardante la possibilità per Milano di diventare la capitale del Mercato Europeo al quale avevano partecipato numerosi rotariani come Gino Cassinis e l’Ing. Capo del Comune Amorosi, i rettori Giuseppe De Francesco, Guido Ucelli. Durante questa riunione erano stati evidenziati i punti di forza della città di Milano, utili a patrocinare la sua elezione come capitale del Mercato Europeo.
La Borsa Valori
La borsa italiana è la borsa di Milano. All’inizio degli anni Sessanta era qui che si concentravano i 3/4 degli scambi dei valori quotati. Nel 1962 il consocio Urbano Aletti aveva invitato i soci del club di Milano a visitare “la nostra Borsa”, dove ci sarebbero stati altri colleghi rotariani pronti a soddisfare ogni curiosità rispetto all’andamento del mercato. La Borsa era descritta come un ambiente dinamico dove vi lavoravano 127 agenti di cambio, 52 osservatori di banche accreditate, una quarantina di commissari, insieme a procuratori collaboratori e dipendenti.
All. Bollettino 49/61-62, 5 giugno 1962
“Io invito tutti a visitare o rivisitare la nostra Borsa: non meno di quattro colleghi rotariani ogni giorno vi attendono per illustrare a voi e a chi vorrete accompagnare tutto ciò che possa interessare sull’andamento del mercato. Vedrete i vostri colleghi confusi tra gli altri 127 agenti di cambio, 52 osservatori di banche accreditate, una quarantina di commissari, con un nuvolo di procuratori, collaboratori, dipendenti, portaordini , che passano la metà della loro giornata in un vociare di tipo levantino, in una intensità fisica di tipo asiatico (1500 persone in 2400 mq) in un’agitazione u po’ assurda.(…) Questa vita d’interessi apparentemente aridi, ma con una utilissima funzione economica si svolge in un modo corretto perché la parola è legge ma è difficile e sotto molti aspetti anacronistica. Per questo conviene considerare la visione di un futuro migliore ( e non intendo materialmente) e più aderente a i tempi. Il nostro attuale ordinamento borsistico che poggia in gran parte su leggi vecchie di mezzo secolo , ha resistito con onore alla recente caotica onda di piena più per gli adattamenti ai quali i professionisti hanno saputo far ricorso che alla bontà delle norme imposte”.
La divisione in distretti
Garantire l’unità
Negli anni 50, Milano vive è una città in pieno boom economico e aumento demografico per questo motivo nel marzo del 1955 era stata indetta un’assemblea straordinaria per decidere rispetto alla divisione del Club di Milano in più distretti periferici, in modo tale da poter accogliere nuovi soci non necessariamente residenti nel centro di Milano, ma in aree metropolitana più dislocate. La proposta era stata presa in considerazione su sollecitazione del Segretario Europeo di Zurigo. Il Governatore Omero Ranelletti aveva rassicurato i soci presentando i caratteri generali dell’eventuale scissione. La divisione si configurava come puramente funzionale e ogni distretto doveva mantenere la propria assemblea e un’autonomia di delibera e di gestione. Sarebbero stati i soci di ciascun distretto e i Governatori ad occuparsi dell’amministrazione dei servizi comuni. Tra le questioni da definire c’era lo spostamento dei delegati di distretto, che avrebbero dovuto essere in grado di poter presiedere le riunioni e gli incontri programmati in una sede designata. Per rafforzare l’unità dei futuri distretti si era proposto di redigere una rivista comune, i cui contenuti sarebbero stati revisionati dai rispettivi Governatori.
Dopo aver esposto altre questioni di carattere logistico e pratico si era votato sulla costituzione di quattro distretti con quattro Governatori che di fatto costituivano una vera e propria commissione di cui avrebbe fatto parte anche il Governatore uscente.
Questa la delibera conclusiva :
“I soci del Rotary Club di Milano, udite le comunicazioni del Presidente alla riunione del 22 febbraio e a quella del 1 marzo 1955, udita la relazione seguitane, approvando pienamente le direttive e le considerazioni esposte nelle relazioni presidenziali al fine di fare salva per ogni caso l’unità spirituale del Rotary italiano, approvano la proposta di suddivisione del distretto italiano in quattro distretti nuovi”.
I quattro distretti periferici che erano stati costituiti erano nello specifico: Melzo, per la zona a est della città di Milano, Rho per la zona a ovest, Sesto per la cintura a nord e Melegnano per quella a sud.
Un divisione necessaria per crescere
Qualche anno dopo, ecco un altro ordine di problemi. Il Presidente Carlo Galamini aveva denunciato un imprevisto aumento dei soci del Club di Milano città. Infatti anche se i soci risultavano iscritti nei vari distretti periferici, svolgevano la loro attività nel centro della città di Milano e le riunioni non avvenivano nelle sedi assegnate, ma venivano tenute in locali della città. Dopo un’appassionante discussione venne deciso che il Club di Milano sarebbe rimasto integro nella sua composizione e i soci che ne facevano parte sarebbero stati i soci del distretto chiamato “Milano-Centro” la cui influenza si sarebbe limitata alla cerchia dei Bastioni. Intorno a questo, i quattro che sarebbero seguiti sarebbero stati chiamati Milano-Nord, Milano-Est, Milano-Sud, e Milano-Ovest, con zone di influenza definite da una commissione apposita. In questi nuovi club sarebbero stati assorbiti i precedenti Club periferici formati nel 1955, e nello specifico: il Club Melzo-Gorgonzola sarebbe confluito in Milano-Est; Melegnano – Metanopoli in Milano – Sud e Rho in Milano-Ovest. Il club di Sesto invece avrebbe mantenuto la sua denominazione e avrebbe avuto un’area di reclutamento al di fuori della città di Milano. A questi si sarebbe aggiunto un nuovo club che avrebbe compreso la zona di corso Buenos Aires e il Centro Direzionale. Secondo questa proposta ogni Club avrebbe potuto scegliere nuovi soci esclusivamente in base al territorio di sua pertinenza, così da poter continuare ad accogliere le numerose candidature che arrivavano. Questa divisione aveva anche un ulteriore vantaggio, in città si sarebbero svolte cinque riunioni a settimana così che se un socio era assente a quella del proprio territorio poteva presenziare a quella di un altro.
Boll. n. 631, 24 novembre 1959
“Ing. Galamini: Cari amici, da parecchi anni anche da parte dei miei illustri Predecessori, è stato continuamente agitato il problema dell’elevato numero dei componenti del nostro Club , numero che ha raggiunto un tale livello da compromettere quel necessario affiatamento rotariano che solo può verificarsi quando gli effettivi di un Club non superano determinate cifre. Il problema è continuamente cresciuto d’importanza in proporzione diretta con l’eccezionale espansione della nostra città, e se a questa espansione avessimo dovuto adeguarci, il nostro sodalizio avrebbe un numero doppio o triplo di componenti, con le ovvie negative conseguenze che vi lascio immaginare. Per contro, l’aver dovuto limitare drasticamente le nuove ammissioni ha significato per noi un sincero e profondo disagio, impedendoci di accogliere nel Rotary nuovi rotariani milanesi altamente qualificati. D’altra parte, la nascita d’una corona di Club attono a Milano ha risolto solo formalmente la questione e d’altro canto l’ha invece aggravata, ponendoci di fronte a dati di fatto che non possono più essere ignorati”.
Boll. n. 404, 1 marzo 1955
“Continua oggi la nostra assemblea straordinaria per decidere quale risposta dare al quesito del Segretario europeo di Zurigo se, a nostro avviso, si debba o meno dividere in quattro nuovi distretti l’unico attuale Distretto Rotariano d’Italia. (…). Ogni distretto terrà , penso, la sua Assemblea: e le Assemblee saranno sempre arbitre nel prendere le deliberazioni che riterranno più giuste, anche di modifica di quanto possa essere stato deciso in precedenza: con un solo augurio […] : che tutti si rendano conto di dare all’azione nostra rotariana, interna ed esterna, una direttiva ed un’intonazione unica.
La prima riunione dei cinque distretti 14 giugno 1960
Il 14 giugno 1960, il Presidente Carlo Galamini presiede una riunione speciale, alla quale erano presenti i soci di tutti i nuovi club. Ecco l’inizio del suo discorso:
“Cari amici,
sono particolarmente lieto e onorato che a me tocchi oggi il privilegio di porgere il più caloroso benvenuto a voi, rotariani dei cinque club di Milano qui per la prima volta riuniti.
Permettetemi di dire che io considero quest’avvenimento memorabile. Solenne, perché tale è reso dalla presenza dei rotariani S.E. il Prefetto di Milano Dott. Vicari, del primo cittadino milanese, l’illustre Sindaco Prof. Ferrari, e del nostro caro e amato governatore Conte Radice Fossati, ai quali rivolgo un deferente e caldo saluto di ringraziamento”.
Ma l’avvenimento è anche memorabile perché, nella storia del Rotary milanese, il nostro incontro costituisce veramente una svolta decisiva, un punto di partenza verso attività più vaste e profonde.
Oggi noi usciamo dallo schema di un’organizzazione non più adeguata al fervore della metropoli lombarda per passare all’applicazione di un nuovo schema organizzativo che, sempre nel più rigoroso rispetto degli statuti rotariani scritti prima nelle nostre coscienze, che negli atti costitutivi, porterà il Rotary milanese ad un un più alto livello di efficienza. Voi sapete come si sia giunti ad una tale trasformazione. Milano che è veramente il centro motore dell’economia nazionale ed insieme la fonte delle più lungimiranti iniziative non poteva essere validamente rappresentata da una solo club se non a patto di aumentare in modo considerevole il numero dei soci e questo a tutto svantaggio dell’ affiatamento tra i soci stessi e quindi della funzionalità del sodalizio. D’altronde Milano ama i “grandi numeri”, ama le masse e come scrisse l’indimenticabile Vergani, negando le lontananze, vuole stabilire una sola grande e operosa vicinanza. Per rappresentare in modo degno, efficace e veramente rotariano, una tale città anche il nostro Club doveva diventare più milanese. Da questa esigenza che è poi la constatazione di una realtà dinamica piena di promesse, è nata la decisione dell’Assemblea, autorevolmente caldeggiata dal nostro Governatore Conte Radice Fossati, di portare a cinque il numero dei Club cittadini (..).
“Rotariani che si fanno onore”
Il 7 dicembre del 1954, il Presidente Gian Piero Bognetti menzionava i soci del Rotary Club Milano che in quell’anno avevano ricevuto le Medaglie d’oro di benemerenza del Comune di Milano con il seguente discorso:
“Oggi sono state distribuite dal comune le medaglie d’oro e d’argento ad alcuni benemeriti cittadini, che sono anche nostri. Uno è lontano, ma proprio in questi giorni sono arrivate sue lettere alla Presidenza, di cui mi riservo di dare prossimamente lettura: si tratta del nostro Luigi Brenni. Tutti ricordano per quali ragioni specialissime Milano ha voluto onorare in lui un cittadino adottivo, anche se apparteneva alla vicina Confederazione Elvetica, ed oggi si trovi all’Avana. Poi Castiglioni, Chiodi, Franci, Galamini, Luigi Davide Grassi, Giussani, Pagani, Gio Ponti e le medaglie
d’argento ad Accetti, Angleton, Zerilli Marimò. A tutti le congratulazioni più cordiali di quanti qui siamo vecchi ambrosiani, e di un Club che apprezza e sente tutti i problemi della nostra città”.
Nella sua ormai consueta rubrica “Rotariani che si fanno onore”, il Presidente Carlo Galamini, nel 1955, aveva annunciato alcuni riconoscimenti importanti ricevuti dai soci: due medaglie d’oro dalla Provincia per Guido Ucelli e Giulio De Marchi e qualche anno più tardi, nel 1959, la medaglia d’oro al merito della Scuola, della Cultura e dell’Arte per Angelo Rizzoli, già Cavaliere del Lavoro. All’inizio degli anni sessanta il Consocio Giulio Natta, dopo aver ricevuto la medaglia d’oro dalla Società Plastica Ingegneri in America, nel 1963 era stato insignito del Premio Nobel per la chimica. A seguito del suo evidente valore a livello mondiale, durante una cerimonia il Club lo aveva insignito del massimo riconoscimento possibile, quello di socio onorario del Rotary
Bollettino speciale 16 dicembre 1963
[Galamini] “Voi vedete seduto alla mia destra un rotariano, che non è un rotariano come tutti gli altri, è Giulio Natta, Premio Nobel per la chimica 1963. (I presenti si alzano tutti in piedi ed applaudono lungamente e calorosamente il Prof. Natta). Cari amici, questo applauso, meglio di ogni altra parola, dice a Giulio Natta tutta la nostra affettuosa ammirazione, io vorrei solo aggiungere una cosa, ho avuto il privilegio di essere stato suo compagno al Politecnico, però con questa piccola differenza, che lui era diligente e studiava, ed io ero un lazzarone ei risultati si vedono. Siamo veramente onorati di avere con noi questa sera Giulio Natta, ed il Consiglio Direttivo del Club di Milano- Centro per conferirgli la più alta onorificenza che il Rotary possa dare: quella di Socio Onorario. Ai due soci Onorari di Milano-Centro, Il Presidente del Senato On. Merzagora e Sir James Henderson, fondatore del Rotary, oggi si aggiunge anche il nome del prof. Giulio Natta ed io dico che nessuno più di lui aveva questo diritto ed il club di Milano Centro ne è infinitamente orgoglioso”.
Piero Pirelli
In occasione della scomparsa di Piero Pirelli, il Club aveva ricordato la sua figura, sottolineando il suo ruolo nello sviluppare una sana ricchezza economica del paese e il suo ruolo all’interno del Rotary. Pirelli era stato uno dei soci fondatori nel 1923, Presidente nel 1926 ed infine Governatore. Il socio Sen. Ettore Conti ricorda la vita di Piero Pirelli che aveva studiato Economia alla Bocconi, diritto all’Università di Genova e discipline tecniche al Politecnico di Milano. Dopo la laurea a Genova era entrato nella dirigenza della ditta del padre Giovan Battista Pirelli nel 1905. I primi anni del secolo erano stati difficilissimi e l’azienda aveva dovuto cambiare la produzione da oggetti di uso domestico a conduttori per telegrafi da campo, cavi per trasmissioni elettriche e primi pneumatici per biciclette. Grazie alla Dirigenza e a capitali stranieri, la crescita dell’azienda era stata veloce e aveva raggiunto un prestigio internazionale, rappresentando un esempio di eccellenza di industria a direzione italiana. Per questa fiorente attività, Alberto e Piero Pirelli avevano ricevuto la Croce di cavaliere al merito del lavoro. Per quanto riguarda la personalità di Piero Pirelli, Il socio Conti ricorda la semplicità della sua vita, l’assenza di qualunque ostentazione e la dedizione al lavoro. Non aveva mai desiderato numerose amicizie ma era stato fedele alle poche che aveva scelto. Era anche un grande amante dello sport, era stato presidente della Sire, consigliere della Trenno e fondatore e Presidente del Milan.
Era stato anche allevatore di cavalli, si era interessato all’agricoltura impegnandosi nella bonifica di terre malsane e incolte per renderle disponibili alla coltivazione. Non si era mai coinvolto nella politica direttamente ma aveva preferito rivestire ruoli in altri ambiti della società come l’economia e la produzione. Era stato infatti Presidente della Federazione nazionale Esercenti Imprese elettriche, Vice Presidente della Confederazione Generale dell’Industria, Consigliere della Camera di Commercio.
Boll. n. 476 , 4 settembre 1956
“E ora dovrei passare la parola al Sen. Conti, il quale ci parlerà del nostro consocio scomparso con quel calore che scaturisce dalla lunga amicizia che lo legava a lui. Ma prima vorrei darvi lettura d’una lettera del nostro consocio Dott. Alberto Pirelli, il quale non ha potuto, anzi non ha voluto esser presente a questa riunione ma ha desiderato per altro in una lettera le ragioni della sua assenza:
Caro Presidente,
voglia accogliere l’espressione della mia profonda gratitudine per l’iniziativa da lei presa di commemorare, nella riunione di domani, il mio compianto fratello. Sento che di lui parlerà Ettore Conti, e ben so che lo farà non soltanto con l’autorità di un maestro nel giudicare gli uomini, ma anche con il cuore di un vecchio caro amico. Sarà perdonata l’assenza di chi teme una troppo manifesta commozione? Lo spero e, nel ricordo incancellabile di un fratello che (?) anche a me è stato esempio di vita, desidero sappiate quanto mi è caro vederne rievocata la figura tra i rotariani, cui egli era fedele. La prego di gradire, caro Presidente, ed esprimere ai colleghi il mio grato saluto”. Firmato Alberto Pirelli.
Ardito Desio
Ardito Desio è tuttora il rotariano che è stato socio più a lungo ben 53 anni, dal 1948 al 2001. Negli anni cinquanta era impegnato in varie spedizioni alpinistiche e geologiche in Asia. Nell’arco di questo decennio sono frequenti i saluti, le cartoline e i racconti che Desio scambiava con il Club di Milano. In diverse occasioni aveva relazionato sui suoi viaggi e su argomenti di sua competenza. Nell’ottobre del 1953, di ritorno da un giro di ricognizione dall’Himalaya, Ardito Desio aveva raccontato la sua fascinazione per il Karakorum che occupa l’estremità nord-occidentale della catena himalayana. I primi problemi da affrontare nella missione erano stati di carattere economico e burocratico Una volta risolti, gli esploratori dovevano impegnarsi in una meticolosa organizzazione logistica. Ad un certo punto del percorso principale si dovevano abbandonare i veicoli a motore e proseguire con dei “ponies” e dei portatori che dovevano portare sulle spalle almeno 20-25 kg camminando anche su terreni pericolosi e impervi.. Il problema degli approvvigionamenti e delle attrezzature poteva essere risolto con la costruzione di depositi: ad esempio, si costituiva un deposito a cinque giorni di cammino dall’ultimo villaggio.
Da questo punto poi un’altra carovana doveva portare viveri ed attrezzature ad un altro deposito distante altri cinque giorni e così via anche in condizioni meteorologiche avverse. Di ritorno dalla spedizione Ardito Desio racconta ai soci i la sua esperienza. presentando un breve filmato. Durante la proiezione Desio illustra dettagliatamente tutte le scene dall’arrivo a Karachi, al volo in aereo a Rawalpindi e a Skardu.
Boll. n. 370, 15 giugno 1954
“[Foà] Una bellissima notizia: poc’anzi il nostro Guasti ci ha comunicato un messaggio di Desio, messaggio che reca la data del 31 maggio. Desio manda un cordiale saluto a tutti i colleghi rotariani di Milano e comunica che la spedizione italiana al K2 ha già raggiunto il campo 3 a quota 6200 e che procede alacremente il lavoro per l’installazione dei campi successivi. Le condizioni sono favorevoli. Benché il tempo non sia ottimale, non ostacola i lavori per l’installazione dei campi alti. Magnifica notizia soprattutto dopo le trepidazioni dei giorni scorsi. (Applausi) Questo applauso conferma che il Rotary Club di Milano, come del resto tutti gli italiani, segue la spedizione con ansia ma anche con piena fiducia nel successo di questo nostro caro Arditissimo Desio”.
Il “Rotary femminile”
Nel 1949 il club aveva chiarito i caratteri dell’esistenza di un club femminile che era di fatto un’associazione uguale al Rotary e che era stato fondato a Chicago. A questo club non venne data l’autorizzazione di denominarsi “Rotary”, prese quindi il nome di “Soroptimiste”, neologismo che deriva da due parole ”sorelle” , dalla parola latina “soror” e “ottimiste”. Il club femminile delle Soroptimiste non era diffuso solamente negli Stati Uniti ma aveva sedi anche in Europa: la sede principale era a Bruxelles ma una sede si trovava anche a Milano. Molte socie dell’associazione milanese appartengono a famiglie rotariane.
Una stretta collaborazione
Alla fine del 1952, la collaborazione tra il Rotary club e le Soroptimiste si era consolidata. In diverse conviviali sono presenti rappresentanti femminili e si sottolineano la comunità di intenti e di ispirazione. La Vice Presidente, Elsa Robiola, aveva voluto anche precisare l’apporto femminile ai progetti e il carattere dell’associazione: “Voglio compendiare in pochissime parole quello che ritengo il più alto ideale delle nostre attività e dei nostri compiti: conservare anche il nostro cammino di donne indipendenti che spesso è duro, arido, amaro, l’essenza della nostra natura e cioè conservare quella sensibilità , quell’equilibrio, quell’intuito che, in tutti i campi del nostro lavoro, ci pone di fianco agli uomini con intelletto, ma soprattutto con cuore, coraggio squisitamente femminile”. Qualche anno più tardi, la presenza di diverse socie del club diventa una consuetudine, in occasione della cena per gli auguri di Natale del dicembre del 1956 erano state ospiti la Sig.ra Elisabetta Keller, presidente, la sig.ra Emma Rovera, la Dott.ssa Vittoria Preto Parvis. Nella cena di Natale al Circolo della stampa del 1958, Anna Bonomi Bolchini, Presidente in quell’anno, era stata un’ospite importante.
Boll. 295, 16 dicembre 1952
“Saluto le gentili Signore dei nostri soci che raramente ci rallegrano della loro presenza per l’ortodossia saltuaria che ci impone il celibato durante le nostre riunioni. ragione di più per essere grati per la loro presenza questa sera. E infine il mio saluto più cordiale, più unanime, più sentito alle nostre gentili ospiti soroptimiste. Noi apprezziamo altamente lo spirito che anima le nostre consorelle, apprezziamo soprattutto quell’aura di idealità e di sentimento alla quale esse anche nell’esplicitazione di più severi doveri professionali sanno sempre ispirarsi, simpatico privilegio delle donne italiane”.
Boll. 101, 1 febbraio 1949
“Ho conosciuto parecchie delle Signore componenti. Sono tutte appartenenti alle migliori famiglie milanesi, anche famiglie rotariane, tutte rappresentanti dignitosissime e nobilissime di ogni categoria, mi hanno gentilmente invitato parecchie volte ai loro simposi, qui al Tantalo. non ho mai potuto né voluto andarci, noi non facciamo gli scontrosi, ma vogliamo essere guardinghi e prudenti. Comunque a cose più mature nomineremo una Commissione speciale per questo avvicinamento (i vostri occhi brillano tutti…). Sceglieremo i più adatti e si accettano le prenotazioni… Comunque dopo nove mesi fonderemo un piccolo club (?) rotariano e lo chiameremo “Baby optimistist”.